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CINESE UFFICIALE

INTRODUZIONE

 

 

Introduzione generale

    • Il cinese mandarino e’ la lingua piu’ ampiamente parlata tra tutti i dialetti cinesi ed esso e’ usato da oltre 720 milioni di cinesi, ovvero dal 70% della popolazione cinese. E’ parlato in una vasta area del Paese che va, diagonalmente, dall’estremo sud-ovest fino alla Manciuria ed anche lungo l’intera costa a nord di Shanghai. In linea di massima, nella maggior parte delle provincie cinesi, con l’esclusione delle provincie sudoccidentali e sudorientali, si parla mandarino. Nelle regioni periferiche, ovvero nel Xinjiang, in Tibet e nella Mongolia interna, vivono popolazioni non cinesi, o meglio, non

 han 

    • 汉(con il termine

 han 

    • ci si riferisce al “gruppo etnico” piu’ consistente e a quello rappresentante la storia e la cultura cinesi vere e proprie). Queste popolazioni, la cui consistenza numerica e’ davvero esigua (circa novanta milioni di persone), parlano lingue completamente diverse dal cinese.

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Parentele linguistiche

 

    • Il cinese mandarino appartiene alla famiglia delle lingue sino-tibetane, che comprende diversi altri sottogruppi:il tibetano, il birmano, la lingua tai ecc.. . Il cinese, infatti, allo stesso modo delle altre lingue appartenenti a questa famiglia:



      1. e’ una lingua monosillabica, perche’ ad ogni ideogramma corrisponde una singola sillaba;
      2. e’ una lingua caratterizzata dalla presenza di diversi toni;
      3. e’ una lingua isolante, e cioe’ nella morfologia degli ideogrammi non si verificano cambiamenti tali da segnalare i rapporti sintattici (segnalati invece dall’ordine dei singoli elementi all’interno della frase, oppure da apposite particelle);

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Putonghua e Pinyin

 

    • Subito dopo la fine della guerra civile che vide coinvolti il

 Guomindang 

    • 国 民 党 , o Partito Nazionale, e il

 Gongchandang 

    • 共 产 党 , o Partito Comunista, i membri di quest’ultimo partito, usciti vittoriosi dal conflitto, dovettere affrontare il “problema della lingua”. Esisteva, infatti, un alto tasso di analfabetismo che rischiava di ostacolare la ricostruzione e lo sviluppo futuro della Cina. Al fine di favorire una maggiore diffusione dell’istruzione e di agevolare le comunicazioni, le autorita’ comuniste decisero di “istituire” come lingua ufficiale il dialetto di Pechino, che diventava quindi una sorta di lingua franca, una

 lingua comune 

    • o

 Putonghua 

    • 普 通 , come e’ da allora chiamata.

 

    • Nel corso degli anni ’50 e ’60 , si procedette poi ad una semplificazione degli stessi ideogrammi cinesi. In altre parole, gli ideogrammi il cui numero di tratti era considerevole vennero “sfoltiti”, cioe’ privati di alcuni loro tratti e resi quindi piu’ semplici sia nella memorizzazione, sia nella scrittura. Nel 1958 venne adottato un

 alfabeto per la trascrizione fonetica

    • , o

 Pinyin zimu 

    • , 拼 音 母 . Si trattava di un insieme di lettere latine, che non dovevano costituire un sistema di scrittura autonomo, ma dovevano accompagnare gli ideogrammi, facilitandone la lettura. Nonostante negli anni successivi siano state fatte pressioni sulle autorita’ cinesi affinche’ adottassero il

 Pinyin 

    • come lingua ufficiale, queste hanno preferito mantenere in vigore la lingua tradizionale, consapevoli forse del fatto che la definitiva scomparsa dei “tradizionali” ideogrammi avrebbe provocato una rottura con il passato, le sue tradizioni, la sua cultura, con il rischio di minare la stessa unita’ geo-politica della Cina.

 

    • Oggi il

 Putonghua 

    • e’ parlato quasi esclusivamente nell’area di Pechino. Nelle altre aree del Paese, nonostante le scuole e i mass-media lo abbiano da sempre adottato per comunicare, si e’ creato una sorta di

 Putonghua 

    • “ibrido”, ovvero un

 Putonghua 

    • corrotto da termini e pronuncie dialettali/locali. (questo si verifica soprattutto nei contesti sociali privati).

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Hanyu e dialetti

 

    • Benche’ si parli di “dialetti” ( e i cinesi stessi definiscono queste differenze linguistiche “dialetti”), esistono tra un dialetto e l’altro delle differenze profonde (come ad es. quelle esistenti tra italiano e francese). I cinesi, comunque, sono consapevoli di parlare varieta’ locali di una stessa lingua,la

 lingua degli Han

    • , 汉 语 ,

 hanyu

    • , e cio’ e dovuto all’esistenza di un sistema di scrittura unico, un sistema che ha delle profonde radici storiche, e ad un ideale comune di unita’ culturale.

 

    Premesso questo, va detto che i dialetti cinesi si sistinguono in due grandi gruppi:
    • I dialetti settentrionali o mandarini. Parlati da circa 800 milioni di persone, residenti nelle provincie centrali e settentrionali della Cina, ma anche in Manciuria e nella Cina sud-occidentale (Yunnan e Guizhou), questi dialetti sono tutti reciprocamente intellegibili e sono abbastanza omogenei: presentano tutti un numero limitato di toni (al massimo quattro), fanno ampio ricorso alle particelle strutturali (ad es.  de e  de)e hanno pronuncie molto simili.
    • I dialetti meridionali. Molto piu’ complessa la situazione per questo gruppo dialettale, al cui interno esistono dei sottogruppi le cui reciproche differenze sono davvero notevoli. I dialetti meridionali, pur essendo differenziati in sottogruppi e pur essendo spesso reciprocamente inintellegibili, presentano comunque delle caratteristiche che li accomunano: un alto numero di toni (dai cinque del dialetto di Shanghai ai nove del cantonese) e delle comuni peculiarita’ sintattiche (ad es. l’oggetto diretto precede l’oggetto indiretto). Ma vediamo piu’ nel particolare quali sono i principali sottogruppi dialettali:
      dialetti wu2 :parlati soprattutto nella provincia del Zhejiang;dialetti min3 :parlati nella provincia del Fujian, a Taiwan, e dai cinesi residenti a Singapore e in Tailandia;dialettti yue4 o cantonesi :parlati soprattutto nelle provincie sud-occidentali del Guangdong e del Guangxi, ma anche dai cinesi residenti nei Paesi occidentali. Quest’ultimo sottogruppo e’ caratterizzato, oltre che dall’elevato numero dei toni, anche dall’uso nella lingua colloquiale quotidiana di termini monosillabici (caratteristica, questa, del cinese classico) a scapito dei composti polisillabici.